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Rilasciata al critico Francesco Foti - Tratta dalla rivista "INK" n. 28 - LAPIS LAPSUS Edizioni
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Roberto Totaro è nato a Belluno nel 1957. Dopo i suoi primi lavori per il mondadoriano Topolino ha iniziato a lavorare per il mercato tedesco con "Fix un Foxi" e per la Francia, dove, per sette anni, ha disegnato per le due testate principali della Valliant, "Pif" e "Super Hercule", sempre per la medesima casa editrice ha realizzato "Bulles", serie a fumetti con tavole autoconclusive. Torna quindi a lavorare per l'Italia affermandosi nel settore delle strip; inventa e disegna infatti le serie de "I tecnocratici", "Piero Angelo: i grandi appuntamenti scientifici di Comix" e il più recente "Nirvana".
È un grande appassionato di cinema Horror e fantascientifico, ha infatti una ragguardevole cineteca; legge anche moltissima fantascienza, quando riesce a ritagliarsi del tempo dal suo impegno di disegnatore, prediligendo in particolare autori come Ballard e James Herbert.
In questa intervista ci racconta dei suoi primi passi nel mondo del fumetto e ci parla delle caratteristiche delle sue opere più mature.
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Cominciamo con la domanda più banale. Come hai iniziato?
Ho iniziato aiutando altri disegnatori e pubblicando alcuni miei lavori per il "Piccolo Missionario". Erano i primi anni '80 ed io frequentavo l'Accademia delle Belle Arti di Venezia. In quel tempo aiutavo alcuni disegnatori della Disney, in particolare Luciano Gatto, con il quale ho collaborato un anno circa, aiutandolo nelle matite. Ricordo che ho passato ore ed ore per entrare nel suo stile. Per me è stato un utile apprendistato. Con lui ho collaborato per realizzare "Fix und Foxy" edito in Germania e così ho cominciato a lavorare per l'estero.
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Hai quindi per un po' abbandonato l'Italia…
In effetti diciamo che in quel periodo il grosso del mio lavoro l'ho realizzato per il mercato francese lavorando su Pif per diversi anni. Il tratto delle mie tavole di quell'epoca è marcatamente disneyano. Del resto il direttore artistico era allora Giorgio Cavazzano ed era inevitabile che si lavorasse con uno stile simile al suo. Lavorare con Giorgio è stato per me un gran divertimento perché è talmente bravo che quanto realizzi con lui ti tornerà sempre utile. Figurati che, anche adesso che ho da anni abbandonato il mondo disneyano, c'è chi vede in alcune posizioni dei personaggi delle mie ultime strisce, di Nirvana, la lezione grafica di Giorgio e questo fa capire quanto sia stato profondo il suo imprinting. Ed in questo periodo ho realizzato centinaia e centinaia di tavole. Con Giorgio infatti non si scherzava, lui è velocissimo, e quindi dava delle scadenze assolutamente micidiali. Inoltre cominciavo già ad avvertire l'insofferenza di disegnare su testi altrui. Ricordo che verso la fine pregai Giorgio di mandarmi meno storie perché non riuscivo a stargli dietro. Lui mi rispose: "Non sta a preoccuparti. Ti mando una storia al mese"… e Pif ha chiuso.
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Chiusa questa parentesi sei tornato a lavorare qui in Italia, per Comix della F.C. Panini editore…
Sì, il giorno che mi hanno comunicato la notizia della chiusura di Pif è stato pessimo. Ha costituito però una svolta. Sono tornato a lavorare qui in Italia e per Comix ho realizzato miei personaggi, I tecnocratici, Piero Angelo, e Nirvana divenendo un autore completo. A dir la verità già per Pif avevo creato qualcosa di mio, la serie Bulles, bolle, ambientata nell'ambiente marino. Erano storie mute, al massimo una frase. Cercavo di limitare al massimo il testo per far parlare soprattutto le immagini dalle quali scaturiva la situazione comica. In Italia sono state poi pubblicate dal Corriere dei Piccoli e da Airone.
Anche "I tecnocratici" sono storie mute che avevo pensato all'inizio per il mercato francese. Ricordati che lavoravo solo per l'estero in quel periodo. Chiude Pif, apre in Italia Comix. Io sono pronto, ho questa striscia appena sfornata. A Treviso Comics, con un po' di sfacciataggine, mi presento al direttore di questa rivista, Guido de Maria, proponendogli i miei lavori che cominciarono ad essere pubblicati già dal secondo, terzo numero.
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Da che cosa è nata l'idea dei Tecnocratici?
In Italia stava prendendo piede il computer, così l'ho utilizzato come scenario per il mio umorismo. In fondo vi si poteva notare la mia avversione verso questa tecnologia che stava arrivando in maniera così massiccia. Le strisce sono piaciute subito, infatti mi ricordo che, andando in giro, trovavo chi mi raccontava di aver staccato le vignette dal paginone centrale di Comix, in cui di solito erano poste, per attaccarle alle pareti del suo ufficio.
In quelle vignette si nota il mio amore per Quino e Mordillo, la loro lezione grafica è evidente e si sente. Li considero la mia creatura migliore, anche se Nirvana mi consente di usare la parola.
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Parliamo allora di Nirvana…
A lui tengo molto. Come ho detto qui la parola assume parecchia importanza, al contrario dei Tecnocratici dove la comicità nasce dalla situazione; infatti il dizionario è lo strumento che accompagna matite e chine nella costruzione delle vignette.
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Quel che mi ha colpito in Nirvana è l'idea di base della serie, questo anacoreta che vive isolato sul suo monte con nulla di apparentemente significativo vicino…
Ho cercato di essere originale. C'è solo uno stilita e basta. Di strisce ad ambientazione familiare ce ne sono a pacchi. Io ho preso, invece, un luogo comune dell'umorismo, il saggio in cima alla montagna, e gli ho conferito una personalità. In fondo un po' tutti lo hanno utilizzato nelle loro strisce, come Johnny Hart per esempio, io ho cercato di creare un mondo intorno a lui. Mi sono detto, facciamo come ha fatto Howard Post con gli Emarginati, lui ha preso un altro topos dell'umorismo, il naufrago sull'isoletta, e ci ha ricamato sopra. Io, così, ho fatto la stessa cosa. Ho preso il saggio sulla montagna e gli ho conferito, come ho detto, una personalità. Tutto il resto è nato di conseguenza. Nelle prime dieci strisce ho messo tutti i personaggi che sarebbero tornati poi definendo l'universo di Nirvana: i boy scout, l'uomo più brutto dell'universo, il poeta maledetto…Quest'ultimo mi pare quello più riuscito e più amato. Qualche mese fa sono andato alla Fiera del libro di Torino ed ho incontrato un ragazzo che conosceva a memoria tutte le poesie che lui declama nelle vignette, sono rimasto a bocca aperta, anche perché ce ne sono tante ormai, anche nel terzo libro di Nirvana che sto ultimando adesso e verrà pubblicato da Comix tra pochi mesi. Sono poesie a tutti gli effetti vere, bisogna avere l'ispirazione, con la complicazione che devono essere brutte, stupide…però, in fondo, intelligenti. Una sfida ogni volta.
In Nirvana poi ho cercato di maturare il mio segno che ho ridotto al minimo per puntare di più sui contenuti. Mentre nei Tecnocrati curavo moltissimo l'ambientazione, in modo minuzioso; ricordo che una volta per realizzare una tavola ci ho impiegato 15 giorni. Qui, invece, è il contrario e la parola è anche agente grafico della vignetta.
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Altri personaggi da te creati e disegnati?
Antonella la coccinella per "44 gatti" e "Piero Angelo: i grandi appuntamenti scientifici di Comix". Quest'ultimo più che come parodia delle trasmissioni scientifiche di Piero Angela prende di mira questo genere in generale ed i meccanismi della divulgazione scientifica.
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Come nascono le tue idee?
Potrei definire il meccanismo che fa scattare le mie idee come un meccanismo di forzatura dell'immaginazione. Mi spiego, a volte, metto insieme elementi estranei alla situazione e vedo cosa accade, porto avanti l'idea. Un giorno che non avevo idee mi sono messo a sfogliare dei libri di Lovercraft, nulla in comune con ciò che dovevo realizzare, e facendo vagare la mia fantasia, associazione per associazione, per le dieci avevo pronte due gag. Infatti è questo il momento più difficile della realizzazione delle mie strisce, trovare l'idea giusta, la realizzazione grafica in fondo è più semplice. Forzare l'immaginazione quindi. A volte, quando mi reco in macchina a Feltre, dove tengo un corso teorico-pratico di disegno a fumetti, fantastico e visualizzo i miei personaggi come attori di una scena. Botta e risposta e cerco così di immaginare come tutto possa finire. A volte vado a ritroso, data una certa conclusione cerco di immaginare come si sia arrivati lì. Lavoro quindi in questi due sensi da sinistra a destra e da destra a sinistra.
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Tieni corsi sul fumetto?
Sì, a Feltre, qui in provincia di Belluno, già da cinque anni e ciò mi dà una grande soddisfazione. Lavorare con i ragazzi mi carica e mi motiva maggiormente in questa attività.
Il corso si tiene tutti gli anni, da novembre a maggio, negli spazi messi a disposizione dall'Assessorato alle Politiche Giovanili del comune di Feltre. È un corso che vuole formare e divertire, arrivando in tal modo a fornire quel bagaglio indispensabile, tecnico e creativo, che permetta al singolo allievo di arrivare alla fine dei sette mesi con un elaborato completamente personale sia nei testi che nei disegni. Si tratta di un risultato non facile da ottenere che richiede pazienza e determinazione… sia mia, come "insegnante", che da parte di ogni corsista.
Il programma del corso seleziona le lezioni indispensabili per saper costruire una storia a fumetti e quanto viene realizzato spazia tra diversi generi: dal western all'umorismo, dal manga all'illustrazione…
Alla fin fine questa attività non mi risulta per niente gravosa al contrario è davvero piacevole e stimolante.
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L'abbaiare di Chiara, la nera cagnetta che anima la casa di Roberto, segna la fine della nostra piacevole chiacchierata.
Un ultimo sguardo al suo studio pieno di schizzi, libri di fantascienza, videocassette horror su cui campeggia, appeso alla parete, un bellissimo posterone del saggio di Nirvana e lascio il nostro disegnatore a spremersi le meningi per creare una nuova vignetta di questo personaggio che, con le sue battute, insegna a prendere le cose della vita con un po' di leggerezza.
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Francesco Foti